Non se ne può più di questa scuola irretita e di pronto soccorso permanente. Non perdiamo una occasione unica per non addestrarsi più a conoscenze competenze e capacità ad usum delphini di un istituto che si pone sempre gli stessi problemi burocratici, docimologici e classificatori. Approfittiamo delle crisi per aprire le menti dei bambini, dei giovani e non solo alla scoperta del mondo ed a scelte consapevoli per la vita e per la natura. Superiamo alcuni pannicelli caldi condivisibili solo in un contesto educativo come quello vigente (quel recinto di cui spesso ho parlato che mira a migliorare le cose da dove sono ma non a oltrepassarle) e che glissano elegantemente su concetti come l’esperienza, la conoscenza del mondo, la libertà in educazione, il superamento dell’edilizia scolastica della selezione degli insegnanti su basi liberal meritocratiche, delle materie, dei voti, degli orari, degli nni scolastici, dei programmi o delle indicazioni nazionali, della finta autonomia. Questa è una riflessione che tanti (come avete visto non solo in Italia)stanno facendo anche per contrastare l’iperattività culturale e mediatica non sempre disinteressata e una specie di mercato nero delle idee più disparate dei tempi difficili. In Italia ho l’impressione, e non appaia come una banalità, che chi non abbia vissuto personalmente, anche per uno scarto anagrafico di qualche anno, le scuole prima delle riforme dei primi anni ‘60 abbia perduto tanti dati esistenziali utili per riflettere sulla scuola oggi e che non si possono recuperare dalle storie di altri o dalla storiografia scolastica e dalle teorie pedagogiche solo accademiche.

Tutti d’accordo o quasi, che la scuola vada cambiata,a destra come a sinistra, in alto come in basso quasi, ahinoi, con affini parole d’ordine mentre pochi sono convinti che debba essere invece chiusa e rifondata dalle basi del concetto di educazione, radicalmente mutata, magari anche dal di dentro e con coraggio. Il gotha presunto della scuola continua da tempo a pontificare senza offrire una via reale di cambiamento alla radice dei mali, passando attraverso ministri e minestre riscaldati. I soliti nomi e cognomi che si rincorrono nei media e nella letteratura del settore che blatera di scuola elogiando spesso ricette autoreferenti e pannicelli caldi sparsi quà e là nell’empireo delle sperimentazioni miracolose e miracoliste che hanno sempre gattopardescamente lasciato in sostanza le cose come sono sempre state. Si parla ancora di materie, di saperi distinti, di tecnologie, di insegnanti mal pagati e mal preparati, di reclusori scolastici da rifare più belli e moderni, di scuola e lavoro, di scuola e politica, di scuola e azienda, di bullismo, burnout, burocrazia, valutazione, classificazione, democrazia, discente, docente, dirigente, perfino in tempi di emergenza globale. E chi più ne ha più ne vorrebbe mettere, spacciando per innovazioni e riforme ciò che poi resta sempre dentro quel maledetto recinto del consumo, del mercato, della produzione dove la società vuole tenere ben fermi ed addestrati coloro che vanno a scuola, le generazioni future plasmate a garanzia della sopravvivenza del capitalismo, anche quello più subdolo dell’ipocrita mondo liberal-chic.

Non ultimo e non raro nelle trincee mediatiche, il pontificatore di turno disserta di scuola in radio per Il mondo nuovo . Nuovo?
Nell’ascoltare alcuni passaggi riviene in mente il panorama di idee sulla “scuola”.
- C’è l’idea di scuola pubblica così com‘è oggi, con il suo‘establishment burocratico, politico e pedagogico.
- C’è poi l’idea di scuola progressista, tiepida e neoliberale o anche massimalista e vetero gramsciana supportata da molti opinionisti e mezzibusti vips che sproloquiano ad ogni piè sospinto
- Vi sono alcune idee (troppe) ed esperienze privatamente e parentalmente liberiste e fricchettone delle cento educazioni del bosco,delle radure, degli gnomi e degli stregoni, dei distillati di meteoriti e delle iniziazioni.
- Vi è infine una galassia di esperienze dentro o a latere delle idee precedenti che provano ad essere dissenzienti o alternative in maniera spuria ed eclettica.Sono in genere caratterizzate dall’ecologismo, dal cattolicesimo militante, dallo spiritismo orientaleggiante, dallo scoutismo confessionale revisionato, da tanti diversi pacifismi che spesso poco riflettono sulla ineluttabilità della natura umana che bene Rousseau aveva definito
Nei concetti chiave dell’ episodio radiofonico il nostro tuttologo riesprime per l’ennesima volta, in occasione di uno degli esami che non finiscono mai, la sua visione da “psicologo e oltre” della scuola tra luoghi comuni, contraddizioni in termini, spiritismi e ingenui palliativi:
- Compito della scuola è far emergere e potenziare i talenti
- Non si può fare a meno della burocrazia che va solo snellita
- La scuola non è una macchina valutativa e tanto meno è un’azienda che distribuisce in modo organizzato informazioni
- L’anima del dispositivo (l’istituzione) è fondamentale per il buon funzionsamento della scuola
- L’anima dell’esperienza della luce attraverso il sapere e la parola del maestro che illumina saperi inediti che mettono in moto il desiderio di sapere.
- La formazione non è un travaso di saperi. C’è formazione quando c’è incontro con la luce e l’allievo si mete in moto verso il sapere. La formazione non è riempire una testa vuota ma fare dei buchi nella testa per mettere in moto il desiderio di sapere.
- Nella scuola è in gioco non solo il funzionamento grigio del dispositivo ma anche l’incontro con una esperienza di luce per dare forma alla vita.
Per curiosità e informazione proponiamo la trascrizione quasi stenografica, titolata provocatoriamente dalla nostra redazione, di alcuni passi dell’intervento:

RECALCANTIBUS
“La scuola ha due anime, tra loro inscindibili: quella del dispositivo – necessaria al suo buon funzionamento – e quella della luce, cioè la facoltà di accendere nell’alunno la sete di sapere e di spingerlo verso la scoperta delle sue inclinazioni. Il rischio a cui oggi la scuola è più esposta, però, è quello di separare queste due anime e privilegiare il suo lato burocratico, trasformandola in un’azienda.Trasmissione del sapere non è un riempimento della testa vuota ma piuttosto fare dei buchi nelle teste per mettere in movimento il desiderio di sapere e questo ci permette di definire con più precisione che cosa è in gioco nell’esperienza della scuola. Non solo il funzionamento grigio del dispositivo ma l’incontro con l’esperienza di luce finalizzato a dare forma alla vita e a far emergere i talenti, le nostre inclinazioni, le nostre particolari sensibilità privilegiando alcune materie al posto di altre nel manifestare alcune attitudini e alcune difficoltà. Il compito della scuola non è quello di produrre macchine organizzate di sapere ma far emergere e potenziare i talenti le inclinazioni. Se la scuola è questo cioè non è solo dispositivo ma è rapporto tra la dimensione del dispositivo e la dimensione della luce. Queste due dimensioni non possono essere separate perché se noi separiamo la luce dal dispositivo trascuriamo l’indispensabile ingranaggio di una una macchina che deve funzionare in modo ordinato. Se invece facciamo prevalere il dispositivo senza luce la scuola diventa un luogo di noia, un luogo mortifero che non potenzia i talenti e non anima il desiderio“.“
Non si dice e non si pensa neppure ad altre strade. Non si entra mai nel concreto e nel reale.
C’è un modo e c’è anche un progetto invece che vaga dal 2017 per seminari, convegni, scuole, comuni con l’intento di oltrepassare questa nostra scuola ancora ottocentesca e claustrofobica, prima dentro le mura di un edificio “di patimenti” e oggi anche dentro le spesso anguste (fisicamente e mentalmente) mura domenstiche.
Si può superare l’idea della “scuola” come mondo confinato tra mura, distaccato dal resto della realtà e della società, in modo che il bambino e il ragazzo siano messi nelle condizioni di fare esperienze dirette nel mondo, quello vero, di ogni giorno. È una visione, fortemente innovativa, attorno alla quale il Manifesto della Educazione diffusa cui hanno aderito a centinaia lre genti di scuola, accademiche e non, fin dall’estate del 2017 ha formulato la proposta di una rivoluzione in educazione verso città intere e territori educanti. Non un concetto astratto, tutt’altro. È una logica, pianificabile e organizzabile, una nuova modalità per aprire ai bambini, ai giovani e anche agli adulti le porte dell’apprendimento e del sapere.L’occasione dell’uscita dalla tragedia che ci ha colpito è unica. Non facciamo peggio di prima.
Oggi finalmente, nero su colori, dopo un lustro di confronti e lavoro, un’idea per un sistema non-sistema, diverso, aperto, autonomo, libero e diffuso. Da settembre un tour di formazione e informazione partendo proprio dal volume “Il Sistema dell’educazione diffusa”.
