Pensierini per settembre.

Prendo spunto da un dibattito disforico che si è non poco sviluppato sul tema degli insegnanti, della scuola in genere e anche sulla brutta storia, riemersa in questi giorni, del maestro Giampiero Monaca di Asti ideatore dell’esperienza Bimbisvegli che anche noi dell’educazione diffusa abbiamo seguito parzialmente, con qualche riserva e per un brevissimo periodo, anche in collaborazione con l’Università di Macerata. Tante sono le esternazioni, come già tante volte ricordato, di protagonisti più o meno noti in fatto di scuola da ormai tanto tempo. Certe esternazioni si concentrano in occasione di fatti specifici o delle dogmatiche ricorrenze rituali del mondo scolastico ed hanno, come attori, genitori, insegnanti e studenti vittime di soprusi istituzionali e non solo, psicopedatecnodidattologi multitasking, giornalisti tuttofare d’assalto, tiktokkari e youtubari ruffiani, scrittori mediocratici, filosofini, filosofastri, filosofetti, pop,pap,pip,filosofi ed educators.

In mezzo, nel frattempo, si moltiplicano da anni, parossisticamente, eventi, progettini entusiastici, esperimenti, esperienze, quartieri educanti, associazioni pedagogiche urbane e boschive, regolarmente ed ecletticamente censite ed osannate da pubblicazioni e siti “missionari” che, come scrive Paolo Mottana, “mirano più alla cura che all’emancipazione”. Non ci si accorge ahimè di fare letteralmente il gioco di chi si avvantaggia di questo sparpagliamento di “buone pratiche” spesso autoreferenziali, narcisistiche ed effimere, mantenendo la dritta in uno strano connubio di forte restaurazione da una parte e invito a finte innovazioni come quelle che ho sempre chiamato bricolage pedagogico ma che hanno il furbesco pregio di fare audience.

Purtroppo l’establishment lavora bene con il divide et impera. Le poche belle esperienze rivoluzionarie, proprio per essere spurie e divise , faticano ad oltrepassare la scuola ed a diffondersi. Con l’educazione diffusa ci abbiamo provato molte volte a costruire una rete solida di progetti ed idee affini ma finora invano. Insieme al boicottaggio dei vari poteri o al palese ostruzionismo della conservazione come dei falsi tentativi di cambiamento, spesso prevalgono, in coloro con cui si potrebbe condividere la stessa strada con noi, il protagonismo e l’esibizionismo mediatico o la diffidenza e la non comprensione della nostra proposta, aggravando l’isolamento e la vulnerabilità di fronte a chi governa ormai tutto.

Noi insistiamo e continuiamo come sempre ad invitare alla partecipazione, nella convinzione che solo così le cose potranno cambiare radicalmente, superando anche quei riflessi di ignoranza indotta dal nozionismo e dai saperi confezionati in regole, traguardi, prove e meriti. Saperi lontani dalle esperienze vive che tante volte abbiamo auspicato come chiave di volta per costruire una città ed una intera società educanti, contrapposte ad una oligarchia del dressement dell’istruire che opera da tanto tempo.

Non c’è speranza di cambiamento se non si uniscono le idee e le pratiche affini in una rete organica ma flessibile nei territori, in autonomia di contestualizzazione dei progetti ma in unità di idee, di contenuti e di finalità.

“Il Manifesto dell’educazione diffusa” sottoscritto fin dal 2018 da centinaia tra operatori della scuola, associazioni, pedagogisti, cittadini è già un punto di partenza realistico coniugato con le precise indicazioni contenute nel volume “Il Sistema dell’educazione diffusa”di Paolo Mottana.

Vi aspettiamo presto qui per proporre una partecipazione alla rete di progetti, gruppi ed esperienze:

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