“Le offerte pedagogiche storicamente alternative approfittano della crisi della scuola pubblica e della confusione sulla realtà dei loro metodi di insegnamento. Tende a prevalere il pensiero magico, che permette di astrarsi da una realtà del tutto quantificabile: il loro costo.”

Prendo spunto da un interessante pezzo di Laurence de Cock sull’ultimo numero di Le Monde Diplomatique, (Les pédagogies alternatives sauveront-elles l’école?) per una ulteriore riflessione che si aggiunge alle tante pregresse nel campo delle sedicenti pedagogie alternative cui l’educazione diffusa in parte si contrappone o che supera oltre gli equivoci, le ambiguità e le obsolescenze.

Illuminante il sintetico excursus storico e di cronaca tra le diverse proposte e offerte di questo vero e proprio mercato, in genere prodotto ed usato dalla borghesia liberale o dalle élites bobos “che si allontanano dalla scuola pubblica, ma senza optare per le scuole private cattoliche sostenendo di volersi impegnare nella promozione militante di modelli alternativi per il benessere dei propri figli oggi, e di tutti i bambini fin quando la scuola pubblica non si convertirà al modo giusto di fare e cose”

Questa “nebulosa multinazionale” ha aggregato in forme diverse varie pedagogie, da Montessori a Neill, da Decroly a Steiner passando per Ferrière. Ma questa galassia non ha mai convissuto in armonia come ben sappiamo a causa di tante divisioni ideali e politiche. Si scontrano le esigenze borghesi con quelle popolari anche in relazione al rapporto, per esempio, con i concetti di lavoro, di autorità, di differenze sociali.

«La società non ha più bisogno di lavoratori obbedienti ma di individui autonomi e intraprendenti.” scrive invece Ramin Farhangi in Pourquoi j’ai créé une école ou les entants font ce qu’ils veulent (Actes Sud, 2018)

Aggiunge la Cock nel suo articolo:

Tutte queste esperienze, tanto luoghi di benessere e di rigenerazione quanto «laboratori» di vita alternativa, contribuiscono a mettere in difficoltà l’idea di una scuola per tutti i bambini. Soprattutto perpetuano la tradizione, borghese, propria di una certa corrente dell’educazione nuova, del tutto insensibile alle disuguaglianze scolastiche e alle ingiustizie sociali.”

Perfino la scuola pubblica per non perdere il suo predominio ha aperto e apre a discutibili pratiche innovative rischiando di aggravare le disuguaglianze abbandonandosi ad una specie di bricolage pedagogico spurio e compulsivo.

L’efficacia di qualsiasi pratica dipende soprattutto dal livello di formazione degli insegnanti, dalle loro conoscenze circa a storia e lo stato attuale della pedagogia, circa i lavori di psicologia e di sociologia dell’educazione. Più che da una proliferazione di ingiunzioni ministeriali a innovare, dipende anche dalla libertà degli insegnanti di sperimentare in classe e dotarsi di strumenti di monitoraggio per valutare i risultati. Le recenti riforme dell’istruzione vanno nella direzione esattamente opposta. Da stigmatizzare, quindi, non sono i metodi di insegnamento alternativi, quanto piuttosto la scelta dell’istituzione di favorirne alcuni a scapito di altri; di usarli in modo improprio per nascondere ingiustizie educative; di farne uno strumento di richiamo a favore di nuove offerte educative private.

In tema di scuole alternative Anne-Claire HUSSER dell’ Università Claude Bernard, Lione I, Inspé, argomenta, nelle conclusioni di un saggio apparso nel numero 56/2019 de Le Télémaque, sulla assai discutibile “pedagogia steineriana” presente anch’essa, seppure tardivamente, nel coacervo della Lega internazionale per l’educazione nuova fondata a Calais nel 1921.
Il pensiero educativo di Steiner si ricollega, come abbiamo visto, ad un certo numero di luoghi comuni della modernità educativa a partire dal XVII secolo, come l’idea di uno sviluppo ordinato o la critica del precoce ricorso all’astrazione, motivi che persistono all’interno delle correnti del nuovo formazione scolastica. Questi temi però non vengono riproposti come in Steiner, ma mricevono una specifica interpretazione nella misura in cui vengono messi al servizio di una pedagogia dell’incarnazione.
Steiner è così portato non solo a riclassificare il concreto come artistico ma anche a riconnettersi, al di là della critica della pedagogia tradizionale, al metodo della memoria e all’elogio del principio di autorità senza rinunciare all’idea di un’educazione finalizzata allo sviluppo della capacità nella personalità unica del bambino.
Pur elaborando una teoria abbastanza complessa delle fasi dello sviluppo, possiamo tuttavia stimare che il pensiero educativo di Steiner non nasca primariamente dal desiderio di liberare il bambino in quanto bambino ma piuttosto di permettere l’emergere, alla fine dell’infanzia, di una personalità che lo trascende. L’immagine del bambino che così emerge non è quella di un essere dotato di saggezza, nel senso che avrebbe conoscenza del mondo o conoscenza di sé capace di manifestarsi sotto forma di un pensiero o di una volontà veramente infantile. Ciò non significa affatto che il rapporto che il giovane intrattiene con il mondo sia privo di valore ma che il tesoro di esperienza contenuto nella sua personalità spirituale di cui è portatore nonché le esigenze dell’essere in divenire non possono essere letti solo grazie alla mediazione dell’educatore istruito nella scienza dello spirito.
Se è chiaro che la convinzione che il bambino è un essere che ha già vissuto più vite conferisce all’educazione un tono più che benevolo, la pedagogia antroposofica non ammette i potenziali effetti di dominio che la relazione educativa potrebbe comportare per il bambino,, un sospetto nei confronti dell’adulto che alimenta viceversa tutto un filone critico della nuova educazione, che non è all’opera solo tra i pensatori più libertari come Neill ma tende a costituire un riflesso di pensiero condiviso.”

Tutto questo ci conforta ulteriormente nell’idea che le strade sbagliate e da non intraprendere sono naturalmente quelle della conservazione o del “miglioramento” dell’esistente ri-formando ad uso dei governi e dei poteri economici la stessa materia base pedagogica fondata sull’addestramento e l’in-struire come è stato fatto più volte fin dalla istituzione della scuola pubblica ma anche quelle delle finte innovazioni in itinere o, peggio, dell’andare ad infoltire il sistema del privato borghese della miriade di scuole parentali, vicinali, selvatiche, mistiche, spiritistiche, gnomiche o confessionali appellandosi ad una egoistica ed elitaria libertà di scelta che non tiene affatto conto della intera società che avrebbe il diritto di essere finalmente educante. Come più volte abbiamo ribadito in innumerevoli scritti, incontri, prove sul campo ed iniziative di formazione la strada a nostro avviso più collettiva ed efficace è quella dell’educazione diffusa che contiene in sé anche un repertorio delle più libere e realmente rivoluzionarie idee in campo educativo.


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