Ricordo sempre con una certa ironia che quando ero giovane esploratore (esperienza chiusa a circa 16 anni) il mio nome di caccia era “scoiattolo acido”. Quell’acidità che persevera anche oggi credo fosse dovuta ad un iper senso della giustizia e della critica costruttiva (criticare, motivare e proporre alternative). In campo educativo e architettonico continuo ad osservare pervicaci e pericolosi conservatorismi a destra (ovviamente) di fronte a finte innovazioni e ipocriti ri-formismi (anche nel quotidiano) nella pseudo sinistra.

Oggi vorrei citare un esempio, trovato ricondiviso in rete, di cui ho potuto rilevare solo il peccato ma non i peccatori, come una spia di ciò che chiamo bricolage pedagogico (?) didattico.

Si tratta del déjà vu della progettazione didattica condivisa un percorso che ricordo ampiamente già messa in campo fin dagli anni ’50 con la scuola attiva e negli anni’70 con le finte truffaldine innovazioni post sessantottine. Pur sempre dentro lo stesso ormai obsoleto e non riformabile paradigma scolastico.

“… Abbiamo due ore, la quinta e la sesta. Presento alla lavagna elettronica la programmazione annuale, stilata secondo le loro indicazioni. Dobbiamo cominciare a lavorare al primo modulo. Spetta a loro decidere come. Si discute intanto dove andare: in aula fa molto caldo. L’ipotesi di andare a studiare in cortile è scartata, perché il cortile è più adatto ai seminari maieutici. Si resta in aula. La classe decide di affrontare i primi argomenti del modulo con lo studio a coppie; il mio ruolo, in questa fase, è solo quello di esperto a loro disposizione. Man mano che incontrano difficoltà, mi chiamano e chiarisco loro i punti più difficili. Prendo l’iniziativa di chiarire uno di questi punti a tutta la classe. Uno studente mi fa notare che sarebbe preferibile che intervenissi in un secondo momento, lasciandoli per ora procedere da soli. Preciso che spetta loro anche decidere come e quando fare una pausa. La prima ora finisce senza che facciano una pausa. Procedono fino a metà circa della sesta ora, quando diversi di loro mostrano una certa stanchezza. Dedichiamo gli ultimi minuti a discutere su come procedere. Ritengono opportuno continuare in questo modo; poi mi chiederanno di fare una lezione di sintesi.”

Parole chiave.

*lavagna elettronica (la famigerata LIM!)

*programmazione (dov’è finita almeno la postprogrammazione?)

*seminari maieutici (sic!)

*modulo

*lezione

*aula

*cortile (tipologia di spazio semiaperto in un edificio monolitico)

Sembra una di quelle famigerate UDA o UD profuse a go go negli esami per i grotteschi concorsi dei docenti o nel terribile “anno di prova”!

Piuttosto che in una classe che sembra un collettivo di secchioncelli (un liceo classico forse di vecchia fattura?)si provi a fare lo stesso in una delle tante classi-riformatorio (perdonatemi il sostantivo, ma purtroppo è così) di scuole professionali o tecniche nelle tante banlieux italiane!

Consiglierei questa recente riflessione tratta dall’articolo riportato per intero qui sotto.

“Questa sacra trimurti dell’istruzione (Conoscenze, Competenze, Capacità) è coniugata con inserti sporadici ed autoreferenziali di pseudo innovazione tratti dalle ” pedagogie e didattiche” di gran moda o da invenzioni estemporanee del docente missionario di turno, che inducono ad un gioco continuo e pericoloso tra il mantenimento della cosiddetta disciplina e le attività didattiche che si barcamenano a cavallo tra le indicazioni nazionali, che impongono il raggiungimento di determinati obbiettivi, e l’invito sempre più invadente a progettare improbabili sequenze, unità didattiche, moduli… Il tutto sfocia inevitabilmente nella misurazione numerica sempre inattendibile e limitata alla sommatoria delle anacronistiche “prove oggettive” mitigate dall’introduzione spuria di risibili e spesso inutili giochetti pedagogici in genere tesi a creare un surrogato di esperienza. Lo studente che si impegna e partecipa a questa specie di “dialogo educativo” lo fa per una sorta di remissione ad un destino quasi inoppugnabile oppure perché succube, fin dai percorsi scolastici e familiari precedenti, della competizione e della gara ai voti più alti nonché della rendicontazione familiare. In certi indirizzi di studio ed in certi contesti l’insegnante è costretto suo malgrado ad una lotta continua e sofferta tesa a mantenere le relazioni in classe ad un livello minimo di civile convivenza mentre solo in determinati paradisi scolastici (certi licei d’élite) a certe condizioni si riescono a fare delle prove efficaci di pedagogia e didattica, quando il docente (rarissimamente) ne possegga almeno qualche essenziale e applicabile cognizione. Ma il tutto sempre dentro lo stesso recinto del nostro obsoleto ed inutile sistema scolastico”

C’è comunque da evidenziare un’attenuante generica. Il tragitto secondario di primo e secondo grado è già compromesso da tanti fattori e da tanti attori (docenti disciplinari e disciplinati, adolescenza educata sui social, famiglie e società assenti o al contrario fanatiche del merito e della competizione) Un ruolo fondamentale è però giocato dalle caratteristiche e dagli esiti del percorso precedente che compromette nella maggior parte dei casi qualsiasi tentativo di radicale cambiamento come per esempio quello dell’educazione diffusa che appare

“Una strada che ritengo però al momento improponibile, per il segmento di età tra i 14 e i 18 anni, visto il contesto attuale che comprende l’organizzazione degli istituti e il modo di lavorare di dirigenti e docenti oltre all’humus studentesco, sarebbe proprio quella di una sperimentazione del tutto improvvisata e avulsa dal percorso precedente perché resterebbe un’isola estemporanea e condizionata dai pregiudizi e dai tabù propri di gran parte del corpo docente della secondaria di secondo grado formata e reclutata anche oggi più da addestratore disciplinare, che da educatore e costretta da una terribile realtà sempre più spesso ad una funzione di badante quando non di secondino o guardiano dei cellulari! Sarebbe utile invece e indispensabile concentrarsi su una preventiva solida formazione degli insegnanti e dei dirigenti per affrontare successivamente percorsi sperimentali in gruppi o classi a partire dal primo anno avendo assunto informazioni e testimonianze sulle caratteristiche del loro percorso negli anni precedenti.”

Per inciso: a mia discolpa debbo dire che dal mio pulpito spesso molto, molto critico, a detta di molti a ragion veduta, non ci può essere più alcun obbiettivo di carriera, visibilità, premi accademici o letterari.

Giuseppe Campagnoli Ottobre 2023

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